Crollano del 6,5% le ore lavorative in agricoltura nel secondo trimestre del 2023, se paragonato allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo è un dato che conferma le difficoltà che il settore agricolo sta attraversando, tra aumento dei costi e conseguenze dei cambiamenti climatici, che hanno compromesso i raccolti.
L’agricoltura è un’attività economica che vive direttamente le conseguenze del cambiamento climatico, che hanno un impatto immediato sulle campagne.
Il 2023 è stato segnato prima da una grave siccità che ha compromesso le coltivazioni in campo, poi dal moltiplicarsi di eventi meteo estremi, come precipitazioni abbondanti con basse temperature, e infine dal caldo torrido. Le conseguenze sono danni all’agricoltura e alle infrastrutture rurali che arriveranno a superare, secondo Coldiretti, i 6 miliardi dello scorso anno.
I cambiamenti climatici impongono un cambio di passo per le imprese agricole nella gestione delle colture, delle acque e anche della sicurezza del territorio. Le soluzioni portate dall’agricoltura 4.0 tra droni, robot e satelliti, fino alla nuova genetica green no ogm e alle scoperte dell’agricoltura di precisione, sono tra le risposte alle sfide in corso, ma necessitano di risorse per partire.
Per quanto riguarda invece il vino, dopo anni di vendemmie anticipate, il 2023 ristabilisce l’equilibrio dei tempi di raccolta, in alcuni casi anche in ritardo, ma lascia il segno sulla quantità, in quasi tutta l’Italia in diminuzione dal 20 al 50%.
L’andamento climatico ha inciso molto sulla maturazione delle uve e sui volumi prodotti, sia per le gelate primaverili e le pesanti grandinate estive al Nord, sia per la peronospora, che è ricomparsa con virulenza, soprattutto al Centro Sud, a causa dell’umidità persistente.
Il calo si evidenzia in molte regioni: parte del Piemonte, Friuli Venezia Giulia, in parte della Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Molise, Basilicata, Calabria, Puglia e Sicilia. Al contrario Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto, dove ad oggi si valuta circa il 5% in più dei quantitativi rispetto al 2022.
In un contesto così complesso, i viticoltori italiani hanno fatto tutto il possibile, ma sono stati messi a dura prova per contrastare le fitopatie causate dal clima bizzarro. Per chi fa viticoltura biologica, in alcune zone si è prospettata addirittura una vendemmia più che dimezzata in termini di quantità. A favorire la diffusione della peronospora sono stati le abbondanti piogge di tarda primavera e inizio estate; anche se non sono stati i solo viticoltori italiani ad aver dovuto affrontare questo problema. Anche molte lavorazioni in campo, non hanno potuto essere effettuate perché le condizioni climatiche hanno impedito l’accesso ai terreni.
L’emergenza peronospora si inquadra nella problematica sempre più ampia legate alle fitopatie nel settore agricolo, motivo per cui Confagricoltura chiede la predisposizione di un “Piano straordinario di azione per la lotta alla diffusione delle fitopatie”, che permetta un monitoraggio e contrasto delle malattie.
Al contrario chi è riuscito a trattare i vigneti ha dovuto affrontare ulteriori costi per salvare il raccolto. Costi almeno raddoppiati, in alcuni casi triplicati rispetto ad annate ordinarie, per la lotta fitosanitaria, i trattamenti necessariamente ripetuti ed il gasolio, che incidono notevolmente sul conto economico finale e pesano sui bilanci aziendali. La crescita del prezzo delle uve, non sarà mai tale da compensare l’incremento dei costi sostenuti.
In vista della prossima vendemmia permangono infine le difficoltà a reperire manodopera, che per il settore vitivinicolo, rappresenta il 20% del totale delle assunzioni in agricoltura.